Il dollaro statunitense ha conseguito alcune prestazioni altalenanti nel corso delle ultime settimane, affiancando delle buone performance di breve periodo a dei ritracciamenti che sembrano confermare una tendenza di fondo di sostanziale debolezza per la valuta verde, destinata – nei prossimi trimestri – a indebolirsi gradualmente nei confronti dell’euro. Naturalmente, il fatto che la tendenza di fondo non sia particolarmente brillante, non sta a significare che nei prossimi mesi (e oltre) non vi siano degli improvvisi rimbalzi, dipendenti principalmente da quello che la Fed andrà ad effettuare nelle successive riunioni.
Fed, un terzo rialzo non scontato
Considerato che le mosse dell’istituto banchiere federale statunitense sembrano essere quelle che più di altre saranno in grado di spingere la valuta verde in alto o in basso (almeno, da qui all’autunno inoltrato), giova tenere sotto controllo la formazione delle opinioni in seno al board di “controllo” della policy monetaria della stessa Fed.
In questo senso, giova anche evidenziare come le opinioni si stiano facendo sempre più complesse e discordanti. In altri termini, dopo due rialzi dei tassi di interesse assunti nei modi e nei tempi previsti dal mercato, il terzo rialzo del 2017 (previsto originariamente per settembre) potrebbe saltare a causa di alcune variabili non ancora ben allineate secondo una parte dello stesso board, che peraltro contesta la scelta della stessa Fed di preannunciare il sentiero dei tassi sul medio termine (ricordiamo, un altro rialzo nel 2017, tre rialzi nel 2018, tre rialzi nel 2019, e obiettivo al 3%).
Appare dunque chiaro che se la Fed riuscirà a sostenere le proprie iniziative di rialzo dei tassi fed funds, fornirà al dollaro statunitense un buon supporto per poter confermare i propri rapporti di forza relativa. Se tuttavia la Fed apparirà più incerta nella strada di rialzo, potrebbe fornire all’euro una nuova freccia al proprio arco per poter recuperare il terreno perso negli ultimi anni.
Bce, in preparazione un lento ritorno alla normalità
Peraltro, proprio in riferimento all’euro, riteniamo che comunque nel medio termine la valuta unica europea sarà in grado di recuperare posizioni, al di là di quelle assunte dalla Fed. Appare sempre più evidente che all’interno del consiglio di politica monetaria della Bce si stia formando una propensione a variare la propria policy, avviando un processo di graduale e lento ritorno alla normalità che potrebbe prendere il via nel 2018, ma che sarà anticipato da una serie di comunicazioni utili per poter preparare il mercato finanziario a quel che sarà.
In area euro, d’altronde, lo scenario sta migliorando. Svanito il pericolo elettorale (le elezioni francesi si sono concluse nella maniera più gradita ai mercati, quelle tedesche non sembrano offrire margini di rischio populista, quelle italiane sembrano essere destinate al 2018), l’attenzione degli analisti e degli investitori si sta concentrando nuovamente sui fondamentali che, discretamente, propongono un’evoluzione sempre più incoraggiante.
A margine di cui sopra, riteniamo pertanto che l’euro, già a partire dalla seconda parte di quest’anno, possa riuscire a recuperare alcune posizioni nei confronti del dollaro, riuscendo così a percorrere una strada di maggiore forza relativa che potrebbe durare per tutto il 2018, e oltre.
Naturalmente, i rischi non mancano – in entrambi i sensi. Il recente passato ci ha riservato sorprese più o meno impattanti, e il futuro potrebbe non esser da meno, soprattutto per quanto concerne il contesto statunitense. Meglio pertanto agire con cautela, pianificando i propri investimenti valutari con le giuste ispirazioni in termini di diversificazione del portafoglio e di strategia forex di più ampio respiro e di minore correlazione. E voi che ne pensate? Che posizioni long / short avete assunto nel valutario?
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