Negli ultimi giorni l’Istat ha pubblicato gli ultimi dati sull’occupazione del trimestre scorso. Nei secondi tre mesi del 2016 l’occupazione complessiva aumenta dello 0,8%, per un totale di quasi 190 mila unità. Il dato viene definito dall’istituto di statistica di intensità diversa ma comune a tutte le tipologie. Infatti i dipendenti a tempo indeterminato aumentano dello 0,3% mentre quelli a termine e gli indipendenti rispettivamente del 3,2% e del 1,2%. Proiettando i numeri su base annua, la crescita sarebbe di quasi 440 mila nuovi occupati dei quali ben 223 mila nella fascia dei giovani, ossia quella tra i 15 e i 34 anni.
Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione si assottiglia leggermente (-0,1%) attestandosi sul 11,5%. Anche il tasso di inattività diminuisce di mezzo punto percentuale. Sempre nel secondo semestre del 2016 un milione e 758 mila persone hanno cercato lavoro negli ultimi 12 mesi, 87 mila meno se comparati al raffronto tendenziale.
Eppure la notizia che sembra tra tutte quella più positiva riguarda i Neet. Questa sigla che deriva dall’inglese (Not in Education, Employment or Training) definisce quella parte della popolazione in età di lavoro che non studia, lavora o affronta un periodo di formazione prima dell’assunzione. Ebbene secondo l’istituto di statistica italiano nei secondi tre mesi dell’anno in corso i Neet scendono al 22,3%. Tre anni fa lo stesso dato era del 25%: in numeri grezzi solo nel corso dell’anno passato si è registrato un calo di 252 mila unità. Questo dato fa ben sperare per i nostri giovani, in particolar modo per i giovani in uscita dall’università. D’altronde l’Italia è cronicamente uno dei paesi europei che con più difficoltà riesce ad immettere le nuove generazioni nel mondo del lavoro. Questa difficoltà è anche avvertita all’interno del percorso di formazione e di istruzione.
Difficile attribuire i meriti di questo miglioramento. Certamente gli sgravi fiscali e gli incentivi all’assunzione stabiliti dal governo hanno avuto il loro ruolo, specialmente per quanto riguarda le assunzioni a tempo determinato. A questo proposito uno dei timori è che qualora gli incentivi alle imprese venissero meno, i posti di lavoro creati andranno a venir meno. Chi è a supporto di questa tesi, porta come prova il fatto che la produzione, quella industriale in particolar modo, non abbia registrato una crescita simile a quella delle assunzioni. Quindi il timore è che i nuovi assunti, specialmente quelli a termine, vengano poi non veder rinnovato il loro contratto.
Tuttavia il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro sembra messe a repentaglio da fattori esterni al nostro paese che però hanno una ricaduta non da trascurare. Tra i segnali di tempesta sembrano arrivare dall’Europa. Durante l’ultimo incontro della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha evitato di specificare se l’istituto deciderà di allungare o potenziare il Quantitative Easing. Gli effetti per l’economia italiana andrebbero certamente a toccare anche il mercato del lavoro. Inoltre nell’ultimo anno la nostra economia ha beneficiato non poco del prezzo del petrolio ai minimi rispetto a quello registrato negli ultimi anni. Questa situazione per noi positiva potrebbe venir meno con la tregua tra i paesi facenti parte dell’Opec. E’ notizia recente che l’Arabia Saudita abbiamo più o meno direttamente dichiarato l’intenzione di ridurre la produzione di petrolio comportando, di conseguenza, un innalzamento delle quotazioni.
Per scegliere la polizza auto più indicata alle proprie esigenze ci sono alcune accortezze da prendere che possono rendere più facile questo meccanismo. Bisogna prestare attenzione al preventivo proposto, con particolare accorgimento alle condizioni di contratto e la nota informativa. Ad oggi esistono siti web in grado di velocizzare il processo, che calcolano e mettono […]